Da un po’ di tempo penso che il Marketing l’abbia inventato la Chiesa. E non sono l’unico, anche altre persone la pensano così. C’è persino chi ha scritto dei libri sull’argomento. Se poi in passato un vescovo ha dichiarato che “la Chiesa può solo dare lezioni di Marketing”, e che “Gesù ha cominciato duemila anni fa”, capite bene che il mio ragionamento è per lo meno legittimo. E a quanto pare la Chiesa conosce anche Google, il posizionamento SEO, e le altre strategie di Web Marketing, come ho avuto modo di sperimentare in prima persona. Ma prima di raccontarvi ciò che mi è accaduto, vi invito a riflettere su come la Chiesa possa fare Marketing, come una normale azienda.

Pensateci: un’organizzazione religiosa che adotta strategie di Marketing per allargare la sua base di seguaci e fidelizzarli tramite la sua dottrina… Stiamo attenti, qui non si sta mettendo in dubbio l’esistenza o meno di Dio o i fondamenti della Religione; semplicemente, si vuole constatare che la Chiesa in quanto organizzazione composta da persone rappresentanti di una religione, ma pur sempre persone, si comporti come qualsiasi altra organizzazione operante sul mercato. Indipendentemente dal fatto che i contenuti della Bibbia siano quantomeno verosimili, l’organizzazione religiosa che si è occupata di diffonderli ha tratto enormi benefici, anche economici.

A partire dallo stesso libro: la Bibbia è il testo più longevo mai esistito, e di conseguenza quello più letto e venduto di tutti i tempi. D’altronde, sui mass media, oltre che su Internet, ne girano di storie sulle proprietà dei vari ordini religiosi, sui lussi che si concedono i vari vescovi, sulle scarpe che il precedente Papa indossava, sulle entrate della Città del Vaticano in quanto Stato – per curiosità, andate a vedere su Wikipedia l’ammontare delle donazioni ricevute da tutto il mondo qualche anno fa. Tutto questo sicuramente non sarebbe stato possibile se la dottrina cristiana non fosse stata trattata come un prodotto. Prendiamo ad esempio un caso storico, le indulgenze ai tempi della Riforma Protestante, che secondo me rappresentano un fatto lampante di come la Chiesa si sia servita del Marketing per rafforzare il legame con i suoi fedeli. Se, in generale, con questo termine ci si può riferire alla remissione dei peccati dopo essersi pentiti e confessati, tale pratica durante quel periodo divenne una modalità di condono delle pene che si sarebbero dovute scontare in Purgatorio tramite l’acquisto di un documento scritto.

Il denaro serviva alla Chiesa principalmente per la ristrutturazione della Basilica di San Pietro; in seguito però, l’indulgenza si diffuse a tal punto che si trasformò in un vero e proprio business redditizio. Utilizzando dei termini propri del Marketing, l’obiettivo era aumentare la “fidelizzazione” dei fedeli al brand Chiesa e di conseguenza alla Religione, creando valore per entrambe le parti, un valore spirituale e ultraterreno per chi riceveva l’indulgenza, un valore economico per chi la concedeva. Addirittura, anche chi non necessariamente era cristiano poteva possederla, da ciò si può dedurre come questa pratica fosse anche un modo di ottenere un primo contatto con un nuovo potenziale fedele.

A livello di leve operative di Marketing, si era creata una struttura commerciale formata da mandanti, distributori e venditori, che offrivano le indulgenze con tariffe proporzionate al tipo di peccato commesso e, in alcuni casi, chiedevano somme in cambio dell’amnistia. Parallelamente all’evoluzione di strumenti, modelli e strategie di Marketing, possiamo osservare come anche la Chiesa per mantenere una relazione salda con tutti i suoi seguaci abbia sperimentato nuove forme di approccio, ad esempio con il Web Marketing. A cominciare dall’account Twitter del Papa. In realtà mi ricordo di alcuni preti “visionari” che avevano colto le possibilità di diffondere la dottrina e restare in contatto coi fedeli tramite Internet, prima che il Santo Padre aprisse l’account sul Social Network.

Anche perché il concetto di community sottostante i Social Media e tutti gli strumenti di aggregazione del web, è lo stesso di quello di “comunità religiosa”: un luogo dove ci si riunisce, si discute e si condividono interessi comuni, rafforzando i propri legami. Come dire, per i rappresentanti della Chiesa, i Social Media sono il luogo naturale per coltivare le relazioni. Ma se da un lato gli strumenti del web consentono a tali rappresentanti di mantenersi in contatto con i fedeli, dall’altro gli consentono di sviluppare nuove opportunità di business – dopotutto, le semplici offerte dei fedeli non bastano. E qui siamo all’episodio di cui sono stato protagonista… suora al computerMi si presenta quest’uomo sulla cinquantina, alto, con gli occhiali, i capelli scuri, folti e con la riga di lato; è il rappresentante legale di una villa con giardino, i cui proprietari sono le suore di un convento. È venuto a trattare gli aspetti promozionali della struttura.

Nello specifico, vorrebbero valorizzare questa villa trasformandola in una casa vacanze e, all’occorrenza, una location per ricevimenti ed eventi speciali. Pertanto, la loro richiesta era la realizzazione di un sito web, completo di grafiche, foto, testi e form di prenotazione. Ma non finisce qui. Il rappresentante mi comunica che per lui e le suore non è sufficiente il sito web, e sapendo perfettamente che non si promuove da solo, chiedono la pianificazione di una strategia di Web Marketing che comprendesse attività SEO sul sito e all’esterno e l’implementazione di una strategia di Search Engine Marketing tramite Google AdWords. In seguito avrebbero vagliato la possibilità di aprire degli account sui Social Network, ma ancora non erano del tutto convinti e comunque si sarebbe dovuto discutere dei dettagli sulla gestione di tali account.

Ero convinto che le richieste avanzate dal rappresentante fossero farina del suo sacco; in realtà, egli stava semplicemente riportando ciò che le suore, le vere proprietarie dell’immobile, pretendevano. Personalmente, da una persona delegata a trattare sugli aspetti di promozione di una struttura ricettiva, mi sarei aspettato una conoscenza più o meno approfondita del Marketing, invece lui era solamente venuto per riferire: le suore erano le vere esperte di Marketing, le conoscitrici della materia. Il rappresentante era completamente digiuno di tutti questi termini e nozioni. E la prova l’ho avuta quando, con difficoltà, mi disse: “dobbiamo discutere di questo posizionamento, mi hanno detto… SIO, o SEO, come si chiama… io non so, non ne capisco nulla, le suore mi hanno detto di riferirvi così, mi hanno detto che è una cosa molto importante”… Da questo episodio ho imparato che l’abito non fa il monaco…scherzi a parte, ho però compreso che, in fin dei conti, siamo tutti “umani”, nel senso che anche i preti (nel mio caso le suore) si occupano dei loro affari, in tutti i sensi. Nonostante siano persone di Dio, essi devono pur occuparsi della loro “vita terrena”, dovranno pur comprare qualcosa da indossare e i beni per svolgere il loro “mestiere”, come anche provvedere al pagamento delle utenze e ai costi di gestione delle chiese in cui operano, proprio come i proprietari di un’azienda, o di qualsiasi altra organizzazione di altro genere. Non scandalizziamoci troppo: se usano Google e gli altri strumenti di Web Marketing è perché vogliono essere trovati per diffondere la Dottrina e, perché no, come nel caso citato, fare business; e se questo significa applicare le logiche del mercato, ben venga. Come ho avuto modo di sperimentare, le vie del Marketing sono infinite.